Messaggio d’inizio anno scolastico 2018/19

Cancelli e porte si aprono… un nuovo anno, un altro inizio, che porta con sé vecchie e nuove attese, vecchie e nuove gioie e paure.

I giorni che precedono questo rito iniziale si sono fatti nel tempo sempre più complessi: aule confortevoli, docenti adeguati, classi non sovraffollate ed equilibrate nella composizione, personale di supporto presente ed attento: se un alieno si affacciasse incuriosito a guardare gli affanni di questi momenti penserebbe di certo che aleggia in noi una certa dose di follia… perché tanta fatica, non sono questi elementi base indispensabili e presenti? Non dovremmo piuttosto concentrarci a decidere ora come si svilupperanno i percorsi didattici delle classi, quali iniziative formative segneranno questo e quell’Istituto, offrendo valore aggiunto alla didattica quotidiana? Dovremmo… ma così non è, e quello che dovrebbe essere serenamente a disposizione, come base di partenza indispensabile, è invece una sorta di meta da conquistare in una corsa contro il tempo affannosa ed inquietante.

Per ora impieghiamo le nostre energie per capire chi ci sarà in classe, perché sempre più spesso questi ultimi scampoli estivi riservano viaggi da una regione all’altra, frutto di scelte personali legittime ma squilibranti per il sistema, spostamenti che riguardano docenti, personale ausiliario, famiglie con figlie e figli in ingresso e in uscita.

Per ora dobbiamo controllare che gli edifici siano in ordine, che non manchino banchi e sedie, che i lavori eseguiti siano terminati e che quelli non iniziati siano programmati…

Per ora dobbiamo fare i conti con le ore che mancano per offrire ad alunni ed alunne le stesse opportunità e lo stesso aiuto…

Per ora dobbiamo spiegare ai genitori perché una continuità didattica promessa non sempre è possibile e perché talvolta i numeri prevalgono su tutto, dovendo rispettare scelte generali anche se non si condividono…

Per ora dobbiamo rasserenare famiglie già in ansia, preoccupate perché percepiscono appena questo lavorio, ma vorrebbero che le incertezze non riguardasse la loro classe, i loro figli e le loro figlie, almeno a scuola l’incertezza no… almeno a scuola le cose devono funzionare bene…

Per ora dobbiamo controllare il sistema che vacilla, sotto il peso di una flessibilità che non è per nulla facile da gestire, perché si ha il desiderio di voler resistere alle intemperie e rimanere un punto saldo della società: istruire ed educare i nuovi cittadini, offrire alle giovani menti la linfa vitale di una conoscenza consapevole e responsabile, elaborata in modo cooperativo e solidale, per renderli cittadini liberi, non è questo il mandato che ci consegna la Costituzione?

E allora cosa vorrei per la nostra Scuola, quella in cui credo (e per fortuna in buona compagnia)? Mi affido alla favola del colibrì, perché nell’attesa che non deve essere vana di un sistema che curi i suoi mali, molte parole si potrebbero dire, ma questa metafora è l’augurio migliore per questo anno in apertura.

Un giorno nella foresta scoppiò un grande incendio. Di fronte all’avanzare delle fiamme, tutti gli animali scapparono terrorizzati mentre il fuoco distruggeva ogni cosa senza pietà. Leoni, zebre, elefanti, rinoceronti, gazzelle e tanti altri animali cercarono rifugio nelle acque del grande fiume, ma ormai l’incendio stava per arrivare anche lì. Mentre tutti discutevano animatamente sul da farsi, un piccolissimo colibrì si tuffò nelle acque del fiume e, dopo aver preso nel becco una goccia d’acqua, incurante del gran caldo, la lasciò cadere sopra la foresta invasa dal fumo. Il fuoco non se ne accorse neppure e proseguì la sua corsa sospinto dal vento. Il colibrì, però, non si perse d’animo e continuò a tuffarsi per raccogliere ogni volta una piccola goccia d’acqua che lasciava cadere sulle fiamme.

La cosa non passò inosservata e ad un certo punto il leone lo chiamò e gli chiese: «Cosa stai facendo?». L’uccellino gli rispose: «Cerco di spegnere l’incendio!». Il leone si mise a ridere: «Tu così piccolo pretendi di fermare le fiamme?» e assieme a tutti gli altri animali incominciò a prenderlo in giro. Ma l’uccellino, incurante delle risate e delle critiche, si gettò nuovamente nel fiume per raccogliere un’altra goccia d’acqua. A quella vista un elefantino, che fino a quel momento era rimasto al riparo tra le zampe della madre, immerse la sua proboscide nel fiume e, dopo aver aspirato quanta più acqua possibile, la spruzzò su un cespuglio che stava ormai per essere divorato dal fuoco.

Anche un giovane pellicano, lasciati i suoi genitori al centro del fiume, si riempì il grande becco d’acqua e, preso il volo, la lasciò cadere come una cascata su di un albero minacciato dalle fiamme. Contagiati da quegli esempi, tutti i cuccioli d’animale si prodigarono insieme per spegnere l’incendio che ormai aveva raggiunto le rive del fiume.
Dimenticando vecchi rancori e divisioni millenarie, il cucciolo del leone e dell’antilope, quello della scimmia e del leopardo, quello dell’aquila dal collo bianco e della lepre lottarono fianco a fianco per fermare la corsa del fuoco.
A quella vista gli adulti smisero di deriderli e, pieni di vergogna, incominciarono a dar manforte ai loro figli. Con l’arrivo di forze fresche, bene organizzate dal re leone, quando le ombre della sera calarono sulla savana, l’incendio poteva dirsi ormai domato.

Sporchi e stanchi, ma salvi, tutti gli animali si radunarono per festeggiare insieme la vittoria sul fuoco. Il leone chiamò il piccolo colibrì e gli disse: «Oggi abbiamo imparato che la cosa più importante non è essere grandi e forti ma pieni di coraggio e di generosità. Oggi tu ci hai insegnato che anche una goccia d’acqua può essere importante e che insieme si può spegnere un grande incendio. D’ora in poi tu diventerai il simbolo del nostro impegno a costruire un mondo migliore, dove ci sia posto per tutti, la violenza sia bandita, la parola guerra cancellata, la morte per fame solo un brutto ricordo».

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